Rapporti aneddotici suggeriscono che la perdita dell’olfatto potrebbe essere uno dei primi sintomi di COVID-19. I medici di tutto il mondo riportano che il 70% dei pazienti che risultano positivi al coronavirus COVID-19 (anche quelli senza febbre, tosse o altri sintomi tipici della malattia) presentano anosmia, perdita dell’olfatto o ageusia, una perdita di gusto. Un nuovo studio appena pubblicato ha rilevato che 20 su 59 pazienti (di età compresa tra 50 e 74 anni) intervistati in Italia hanno riportato un la perdita dell’olfatto o del gusto. Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere questo collegamento, ma può fornire un indicatore pratico e a basso costo di quali persone dovrebbero auto-isolarsi o sottoporsi a ulteriori test, a seconda della gravità dei sintomi.
Cosa sono anosmia e ageusia?
Una serie di disturbi chimico-sensoriali può provocare la riduzione, la distorsione o la completa perdita dell’olfatto o delle funzioni gustative. Ad esempio, l’anosmia è la completa perdita dell’olfatto, mentre l’iposmia è una ridotta capacità di sentire gli odori. L’ageusia è invece l’assenza di gusto.
Circa il 13% delle persone con più di 40 anni ha una significativa compromissione dell’olfatto. Questi numeri sono più bassi per i giovani, ma significativamente più alti per gli anziani. Al contrario, la perdita del gusto è molto meno diffusa e spesso deriva da un danno fisico ai nervi del gusto. Ciò nonostante, sia i disturbi dell’olfatto che quelli del gusto sono abbastanza comuni e possono avere gravi ripercussioni negative sulla salute e sulla qualità della vita dei milioni di persone che ne sono colpite.
Molti dei pazienti COVID-19 segnalano anche una perdita di gusto ma è più probabile che la perdita dell’olfatto sia responsabile anche della perdita del gusto. Quando mangiamo o beviamo, il cervello combina infatti le nostre percezioni del gusto dalla bocca con quello che è conosciuto come olfatto retronasale ossia la percezione degli odori che provengono dalla bocca ed entrano nel naso attraverso un collegamento presente nella gola. I pazienti che hanno manifestato anosmia o iposmia grave possono descrivere una perdita di gusto ma sono ancora in grado di rilevare zucchero, sale o acido sulla lingua. Ciò che hanno perso è dunque il contributo dell’olfatto alla loro percezione del sapore.
Come potrebbe il coronavirus causare anosmia?
La perdita dell’olfatto può derivare da molte diverse cause come trauma cranico, polipi nasali, allergie croniche, esposizione alle tossine e malattie neurodegenerative.
Una delle cause più comuni di anosmia e iposmia sono i virus che producono infezioni delle vie respiratorie superiori, spesso indicate come “raffreddore comune“. I virus possono influire sulla funzione dell’olfatto in diversi modi. Potrebbero attaccare varie cellule del tessuto nasale, inducendo infiammazione locale e interrompendo il rilevamento degli odori. Il virus potrebbe disabilitare o danneggiare direttamente le cellule sensoriali nel naso che rilevano gli odori. Un’altra possibilità è che i virus possano seguire il percorso del nervo olfattivo attraverso il cranio e nel cervello, dove potrebbero causare ulteriori danni. Non è noto se questo coronavirus possa rovinare il nostro senso dell’olfatto uccidendo i neuroni sensoriali olfattivi, interrompendo la loro funzione o influenzando in altro modo i tessuti olfattivi nasali, ma sarà sicuramente un’area di indagine molto importante.
L’anosmia potrebbe essere un sintomo precoce della malattia COVID-19?
I rapporti dei medici descrivono un’alta incidenza di anosmia nei pazienti con COVID-19, inclusi molti che non presentano altri sintomi. Pertanto, il test dell’olfatto potrebbe essere uno strumento utile per identificare le persone che potrebbero essere infette da COVID-19. In effetti, alcuni otorinolaringoiatri, medici che trattano malattie dell’orecchio, del naso e della gola, nel Regno Unito e negli Stati Uniti hanno raccomandato a chi manifestasse un’improvvisa perdita dell’olfatto o del gusto debbano di autoisolarsi per 14 giorni e proposto che i test dell’olfatto dovrebbero essere inseriti nei protocolli di screening COVID-19.
Ma i fatti lo confermano? Ad esempio, un piccolo studio su 59 persone ha rivelato che il 60% dei pazienti con infezioni delle vie respiratorie superiori non correlate a COVID-19 aveva una significativa riduzione della loro capacità di sentire l’odore. Ciò potrebbe suggerire che la perdita dell’olfatto associata a COVID-19 non è superiore a quella tipicamente sperimentata con il raffreddore comune. Sfortunatamente, i test dell’olfatto vengono eseguiti raramente nell’ambito di una normale visita medica, quindi mancano dati poter chiarire la situazione. Inoltre, l’auto-segnalazione della funzione olfattiva può essere imprecisa. È quindi fondamentale condurre studi scientifici controllati per valutare se i disturbi dell’olfatto come l’anosmia sono un indicatore di infezione COVID-19.
Ma per condurre questi studi ci vorrà ancora un po’ di tempo. Nel frattempo, cosa fare in caso di improvvisa perdita dell’olfatto? Per prima cosa dovresti auto-isolarti e contattare il tuo medico per consigli sul da farsi. Anche il test degli odori come parte di un tipico schermo COVID-19. Insieme alle letture della temperatura corporea e all’anamnesi del paziente, i test dell’olfatto potrebbero consentire ai medici di fare scelte migliori su chi stabilire le priorità per l’auto-isolamento o test COVID-19 più specifici.
Compila il nostro sondaggio: Come affronteranno gli italiani il ritorno alla normalità?