Con la saponificazione, su un cadavere si forma una sorta di involucro viscido, simile a creta, inizialmente molle, poi friabile.
Grazie alla saponificazione, un cadavere mantiene integro l’aspetto esterno migliorando anche la conservazione degli organi interni. Affinché il fenomeno della saponificazione abbia luogo, un cadavere deve rimane a lungo immerso in acqua corrente e fredda o sepolto in terreni molto umidi o addirittura in una bara sigillata, qualora la presenza di ossigeno sia minima. Queste sono le condizioni che possono mettere in atto il processo detto saponificazione.
Nella saponificazione, batteri anaerobi già presenti nel grasso all’interno dei muscoli, producono l’enzima lecitinasi scindono i grassi del cadavere trasformandoli in adipocera (sapone calcico), costituita in parte da acidi grassi liberi e in parte da saponi insolubili. La saponificazione ha le sue preferenze. Sono più soggetti ad essa i corpi delle donne, bambini, e quelli delle persone in sovrappeso, in quanto contengono più grasso corporeo. Grazie alle bare piombate utilizzate dai Romani, si è potuto notare come l’adipocera, nei secoli (se la bara è perfettamente sigillata), può “evolvere” in Liquor corporeo, un liquido di color marrone/arancio che può essere altamente infettivo.
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